Di Lucio Fero
ROMA – Una “moratoria” sulle centrali nucleari, una diga contro i grandi gruppi stranieri che comprano le aziende italiane, duecento milioni di euro per la cultura italiana, una nuova linea d’azione, e di attesa, su Gheddafi e la Libia. Giornata prolifica quella del governo, raffica di decisioni che danno corpo allo slogan del “governo del fare”. Però, a guardar bene, è sì un governo del fare, ma soprattutto del fare…come viene. La moratoria sul nucleare, un anno teoricamente per pensarci sopra, non è una decisione. E’ solo la registrazione passiva della sentenza dei sondaggi: dopo Fukushima l’ottanta per cento degli italiani è contro il nucleare. E sarebbe diventato il cento per cento se il governo avesse dato corso al suo prossimo impegno: indicare i luoghi dove metterle le centrali, i famosi siti.
Quindi il governo allontana da sè l’amaro calice, non tanto il nucleare, quanto l’onda di impopolarità del dover dire, qui e ora, in casa di chi mettere le centrali. Si rischiava l’onda lunga sulle elezioni amministrative di maggio e l’onda lunghissima sul referendum di giugno, onda che poteva trascinare cittadini spaventati dal nucleare a votare anche contro il legittimo impedimento visto che nei seggi quel giorno sarà consegnata all’elettore anche quella scheda. Sondaggio chiama, governo risponde. Tra un anno nulla sarà cambiato ma forse, passata la festa, gabbato lo santo. Appunto il governo del fare come viene. Né sì né no al nucleare, troppo difficile “fare” in un modo o nell’altro, la questione viene mandata a farsi un giro di dodici mesi.
E la diga contro chi si compra le aziende italiane? Passi per Bulgari, ma Parmalat no e neanche le comunicazioni, l’energia e altri settori “strategici”. Più che una diga è un casello doganale. Lo piazzi e speri che nessuno passi. Ma la barriera arriva tardi, chi voleva comprare, i francesi di Lactali’s, hanno già il 29 per cento di Parmalat e se il mercato italiano non mette altrettanti soldi, prima o poi la barriera si alza. E poi è una barriera a tempo, questione di tempo che l’Europa condanni questa “dogana”. Tremonti ha guadagnato un paio di anni di riscorsi e sentenze. Bene o male che abbia fatto, ha fatto…come veniva.
E i duecento milioni alla cultura sventolati con orgoglio da Gianni Letta? Trovati in furia alla pompa di benzina. Li pagherà l’aumento del prezzo dei carburanti. Proprio quel che ci voleva in questi tempi di petrolio regalato. Hanno fatto…come veniva. E il cambio di posizione e strategia sulla guerra di Libia? Anche qui sondaggio ha chiamato e governo ha risposto. Poi si vedrà se stare contro Gheddafi o con la trattativa, si farà, eccome, dipende da… come viene.
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Fonte: Blitzquotidiano.it
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ROMA – Una “moratoria” sulle centrali nucleari, una diga contro i grandi gruppi stranieri che comprano le aziende italiane, duecento milioni di euro per la cultura italiana, una nuova linea d’azione, e di attesa, su Gheddafi e la Libia. Giornata prolifica quella del governo, raffica di decisioni che danno corpo allo slogan del “governo del fare”. Però, a guardar bene, è sì un governo del fare, ma soprattutto del fare…come viene. La moratoria sul nucleare, un anno teoricamente per pensarci sopra, non è una decisione. E’ solo la registrazione passiva della sentenza dei sondaggi: dopo Fukushima l’ottanta per cento degli italiani è contro il nucleare. E sarebbe diventato il cento per cento se il governo avesse dato corso al suo prossimo impegno: indicare i luoghi dove metterle le centrali, i famosi siti.
Quindi il governo allontana da sè l’amaro calice, non tanto il nucleare, quanto l’onda di impopolarità del dover dire, qui e ora, in casa di chi mettere le centrali. Si rischiava l’onda lunga sulle elezioni amministrative di maggio e l’onda lunghissima sul referendum di giugno, onda che poteva trascinare cittadini spaventati dal nucleare a votare anche contro il legittimo impedimento visto che nei seggi quel giorno sarà consegnata all’elettore anche quella scheda. Sondaggio chiama, governo risponde. Tra un anno nulla sarà cambiato ma forse, passata la festa, gabbato lo santo. Appunto il governo del fare come viene. Né sì né no al nucleare, troppo difficile “fare” in un modo o nell’altro, la questione viene mandata a farsi un giro di dodici mesi.
E la diga contro chi si compra le aziende italiane? Passi per Bulgari, ma Parmalat no e neanche le comunicazioni, l’energia e altri settori “strategici”. Più che una diga è un casello doganale. Lo piazzi e speri che nessuno passi. Ma la barriera arriva tardi, chi voleva comprare, i francesi di Lactali’s, hanno già il 29 per cento di Parmalat e se il mercato italiano non mette altrettanti soldi, prima o poi la barriera si alza. E poi è una barriera a tempo, questione di tempo che l’Europa condanni questa “dogana”. Tremonti ha guadagnato un paio di anni di riscorsi e sentenze. Bene o male che abbia fatto, ha fatto…come veniva.
E i duecento milioni alla cultura sventolati con orgoglio da Gianni Letta? Trovati in furia alla pompa di benzina. Li pagherà l’aumento del prezzo dei carburanti. Proprio quel che ci voleva in questi tempi di petrolio regalato. Hanno fatto…come veniva. E il cambio di posizione e strategia sulla guerra di Libia? Anche qui sondaggio ha chiamato e governo ha risposto. Poi si vedrà se stare contro Gheddafi o con la trattativa, si farà, eccome, dipende da… come viene.
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