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Effetto Trivulzio anche a Genova. La Casta compra casa a prezzi stracciati

Un appartamento stimato (nel 2007) 430mila euro e venduto nel 2010 a 153mila. Un altro valutato 647mila tirato via per 275mila. Riduzioni che sfiorano il 70 per cento sulla valutazione del 2007.

L’immenso patrimonio immobiliare del Brignole di Genova (uno degli istituti per anziani più grandi d’Europa) va all’asta. Ma dopo le prime aggiudicazioni c’è chi avanza timori: “Stanno svendendo tutto. Il tesoro del Brignole rischia di essere spolpato, lasciando al pubblico i costi e affidando ai privati le voci più redditizie”. Insomma, è il timore che, dopo il Pio Albergo Trivulzio, lo scandalo della gestione dei patrimoni immobiliari degli istituti pubblici si allarghi a tutta l’Italia. Con nomi noti, magari vicini alla politica, che si aggiudicano le case quasi per un tozzo di pane. E con lo spettro della nascita di società stile Alitalia: perdite al pubblico e business ai privati.

Il Fatto Quotidiano è in possesso dei documenti della Conservatoria sul patrimonio dell’ente genovese. Parliamo di un tesoro che nel 2007 era stato stimato 80 milioni. Non è una sorpresa, il Brignole è un’istituzione storica: realizzato nel ‘600 per volere di un nobile – Emanuele Brignole – che fece costruire un palazzo per 2.600 persone. Brignole lo arredò con opere di artisti del calibro di Pierre Puget e Domenico Piola. Ma ora arrivano i guai di bilancio: il passivo è raddoppiato negli ultimi due anni e sfiora i 50 milioni.

La grande ricchezza sono gli immobili. Dopo il Duemila i dirigenti cercano di mettere ordine nel patrimonio: fanno stimare gli immobili (oltre 220) e rivedono gli affitti. “Era un disastro”, racconta qualcuno, “C’erano immobili affittati a pochi euro magari agli amici degli amici”. Si rinegoziano i contratti: da poco più di 200mila euro l’anno di entrate si sfiora il milione.

Il patrimonio vale 80 milioni. Gli immobili, secondo un calcolo prudenziale, pesano per 45,5 milioni, i terreni 1,1 milioni (compresi 22mila metri quadrati in pieno centro che varrebbero oro se edificabili), mentre i “beni strumentali”, cioè le strutture dove si esercita l’assistenza, sono valutati 31,6 milioni.

Alla fine del 2008 i vertici dell’istituto vengono sostituiti. Dopo ulteriori stime, si decide per la vendita degli immobili per coprire il buco di bilancio che intanto diventa una voragine. Del resto non è la prima volta, la Sanità ligure già tre anni fa ha venduto parte dei tesori immobiliari delle Asl. Andarono all’asta 390 cespiti (tra cui gli storici manicomi della Liguria, Cogoleto e Quarto): vinse Fintecna Immobiliare con un’offerta di 203 milioni. Quelli che erano ospedali diventeranno abitazioni.

Ma che cosa sta succedendo adesso al Brignole? Il Fatto Quotidiano con i documenti della Conservatoria ha ricostruito la storia: come al solito le prime aste vanno deserte, gli inquilini fanno valere lo “sconto” (30 per cento) cui hanno diritto per contratto. Ma ecco la sorpresa: le riduzioni sulla stima del 2007 (già prudenziale) arrivano al 70 per cento. Prezzi fuori mercato.

Per esempio la palazzina in via Crocco. Siamo nel quartiere di Castelletto, i Parioli di Genova. Per 123 metri quadrati nel 2010 sono stati pagati 153mila euro, poco più di mille euro al metro. Un agente immobiliare commenta: “In quella zona noi facciamo pagare fino a 5mila euro al metro quadrato”.

A scorrere la lista di chi ha comprato emergono le prime sorprese: ecco Stefano Tiberio, segretario di Massimiliano Costa (vicepresidente della Regione Liguria fino al 2010, Pd), l’assessore con delega alle Politiche Sociali. Ha speso 199mila euro per un immobile di 100 metri quadrati valutato nel 2007 ben 350mila. Un affare vantaggioso sembrano aver fatto anche i rappresentanti dell’associazione degli inquilini: Massimo Zamorani, giornalista, ha pagato 275mila euro per 185 metri quadrati (stima 647mila); Pietro Riccobene ha pagato 271mila euro dopo una valutazione di 525mila.

Gli affitti – rinegoziati dalla passata gestione dopo una dura battaglia – presentano di norma canoni dignitosi e gli inquilini sono gente comune. E, però, qualche nome spicca: ecco il fratello di un assessore e pezzo grosso del Pd che per un immobile centralissimo pagava 4.250 euro l’anno. Oppure l’Arci che per sette immobili aveva un canone di 23mila euro l’anno. Poi un ex consigliere comunale e dirigente del Pdc (8.400 euro l’anno per 143 metri in zona di pregio). Nei tre casi, va detto, sono stati compiuti lavori a spese degli inquilini scomputati dagli affitti. Ancora: un testimone racconta di interventi – senza successo – di uomini di vertice del Pd locale perché non fossero alzati gli affitti di un esercizio commerciale.

Non basta: lo spezzatino del Brignole potrebbe continuare. Secondo fonti ben informate, “si sta studiando la creazione di una newco che prenda in gestione l’assistenza del Brignole. L’intenzione è di creare una società mista pubblico-privato, magari con le cooperative rosse, ma soprattutto bianche che in questo settore fanno la parte del leone. Il rischio è di trasformare i resti del Brignole in una scatola vuota che erediti la voragine di bilancio”. Una specie di Alitalia dell’assistenza. Ogni “posto letto” in una struttura assistenziale come questa infatti vale circa 50mila euro.

Ma non è finita: c’è l’incognita dei terreni. Il Brignole è proprietario di Valletta Carbonara, una superficie di 22mila metri quadrati nella zona più pregiata di Genova dove oggi sono sopravvissuti orti e giardini (che gli anziani nei secoli scorsi coltivavano per autofinanziarsi). Dal 1991 questa fetta del patrimonio è in gestione all’Università di Genova che avrebbe in mente di cambiare il volto alla Valletta. Il vero affare sarebbe costruire palazzi, ma è difficile con i vincoli di oggi. E allora ecco l’ipotesi di un progetto da cento milioni per realizzare garage sotterranei e impianti sportivi. Niente di male, si farebbe ricorso al project financing e gli impianti resterebbero a disposizione dei cittadini. Ma per l’imprenditore che si aggiudicasse l’appalto sarebbe un affare colossale.

Il Brignole perderebbe, però, un altro pezzo del suo patrimonio storico. Anni fa un’ala dell’antico Albergo dei Poveri affidato all’Università era stato restaurato per ospitare le facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche. Per quei lavori durati anni furono spese decine di milioni. Alla fine l’aula magna fu chiusa perché cadevano pezzi di soffitto in testa agli studenti.

Da Il Fatto Quotidiano del 1 marzo 2011

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