È solo con il dispetto e con la rabbia - anche con l'irresposabilità politica, certo, ma questo è già un concetto alto - che si spiega violenza scomposta con cui gli scherani di Berlusconi hanno attaccato ieri presidente Napolitano per un'intervista nella quale tra l'altro chiedeva, pensate, che cessasse la campagna dei veleni contro le alte cariche istituzionali architrave della democrazia. Parlava di Fini, i berlusconiani hanno semplicemente alzato il tiro e puntato al Colle, come sempre sordi alle parole e al loro senso. Rabbia e dispetto - Berlusconi ha mandato a chiedere di avere in anteprima il testo dell'intervista, nella notte - perchè quel che temevano è accaduto. Il Presidente ha parlato, per la prima volta dal voto su Caliendo, e ha semplicemente richiamato il rispetto delle regole dettate dalla Costituzione. I berlusconiani - lo racconta uno di loro, il Congiurato, qui accanto - hanno letto in queste parole uno stop al disegno che Berlusconi, coi suoi Cepu e i suoi casting di ragazze a Tor Crescenza, ha già portato un bel po' avanti: crisi, da addossare possibilimente ai finiani, poi voto subito con una scheda elettorale senza il simbolo del Pdl, solo il suo nome. Una sorta di presidenzialismo di fatto, un plebiscito di riscaldamento in vista della corsa al Quirinale, approdo finale. Se non si dovesser votare subito, però, che problema: con la Lega, che ogni giorno cresce al Nord nei sondaggi, con le opposizioni che potrebbero infine far quadrare i conti di un accordo e, oltretutto, con il capo dello Stato che pretende il rispetto delle regole. Allora ecco che dopo le incredibili parole di Schifani, seconda carica del Paese («c'è un problema fra il rispetto della Costituzione e la legittimazione popolare». Un problema? La Costituzione crea un problema? A chi? Ai piani di Berlusconi, certo) si scatenano all'unisono i Gasparri, Chicchitto, la nuova star Straquadanio (quello che "riserveremo a Fini lo stesso trattamento di Boffo", quello che si è scagliato contro Claudia Fusani colpevole di fatto una domanda a Verdini). L'accusa, a loro parere infamante, è quella di aver concesso l'intervista all'Unità: un giornale che vorrebbero vedere morto e che hanno provato in ogni modo a sopprimere. Non concepiscono, questi signori, il concetto della libertà di stampa e dell'autonomia intellettuale di chi lavora nei giornali. Non sono sfiorati dal pensiero che ci siano persone che lavorano non al servizio di qualcuno, stipendiati per eseguire i suoi ordini, ma solo al servizio delle proprie idee e della passione che vincola a un impegno. Una possibilità che tra l'altro taglia via la loro principale arma, quella della corruzione: li fa uscire di senno. Berlusconi cerca la morte di questo giornale da anni. Ha chiesto ai suoi imprenditori di non fare pubblicità e ci è riuscito. Distribuisce gratis i suoi giornali sui voli Alitalia e chiede tre milioni di euro di risarcimento danni a questo. Impone il silenzio stampa alle sue tv sul nostro lavoro. Minaccia, fa produrre dossier, manda i suoi a calunniare, infine strilla: sono di parte, ignorateli o sopprimeteli. Anche lei è di parte Presidente. Di una parte che vogliamo resti sempre chiarissimamente distinta e distante da quella che tiene insieme le garanzie, le regole, i diritti, il lavoro e la conoscenza. La nostra parte. Restiamo qui ben saldi, continui pure a urlare.
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