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"Quelle ultime notti accanto a Eluana" La verità del medico e dell'infermiera


MILANO - Una parola che ricorre spesso è "bugia". Esce in queste ore un libro che mette in primo piano la realtà scientifica della storia e della morte di Eluana. L'hanno scritto il medico e l'infermiera, marito e moglie, Amato De Monte e Cinzia Gori, che hanno vegliato a Udine la figlia di Beppino Englaro. Chi crede di trovare in questo "Gli ultimi giorni di Eluana" (Edizioni della biblioteca dell'Immagine) gente con la verità in tasca si sbaglia di grosso, anzi le pagine sono ricche di dubbi, riflessioni anche sorprendenti: per esempio quando il medico, alla fine, accompagna Eluana in autoambulanza e si sente (parole sue) ormai "incastrato", non può più dire di no.

Ma, carte alla mano e documentazione clinica finalmente alla luce del sole, si comprende meglio che cosa è accaduto dietro le quinte di questa vicenda. E la diversità di vedute con le suore Misericordine di Lecco (a parte suor Rosangela, che per quindici anni ha accudito Eluana) è fortissima. C'è una questione cruciale e inedita: "Mi sono spesso imbattuta, in seguito, in storie fantasiose di individui estranei che - si legge in un capitolo - in quei giorni di ricovero sarebbero passati a portare dei fiori a Eluana e l'avrebbero vista "bellissima, tranquilla, sdraiata nel suo letto". Si tratta di racconti totalmente inattendibili", dicono gli autori. "Dov'erano i sorrisi, lo sguardo che ti segue, la pelle bellissima?", si chiede l'infermiera quando prende in carico Eluana dopo il viaggio Lecco-Udine.

C'è chi, senza averla mai visitata, sosteneva che Eluana potesse deglutire: anche questo era diventato un tema fondamentale per le polemiche. Su questa ragazza, diventata donna dopo i lunghi diciassette anni in stato vegetativo, a Udine notano però "due brutte escrescenze alle orecchie", all'inizio inspiegabili. Poi, "proseguendo nella sistemazione delle sue cose trovai - racconta l'infermiera - anche una serie di telini bianchi piegati e ben ordinati. A quale uso erano destinati lo avrei scoperto, inaspettatamente, molto presto". Da sola perché mancano informazioni: "Niente consegne infermieristiche... Mi domandavo: era stato fatto apposta, era una superficialità, una semplicemente una svista o cos'altro?". Che cosa nascondeva la clinica di Lecco?

La scoperta dell'indicibile avviene durante la prima notte, quando si sente Eluana tossire. È una strana e improvvisa tosse, l'infermiera accorre e dopo un "momento di stupore incredulo", aiuta Eluana a respirare: è piena di saliva. Com'era possibile? "Ripensai al mattino e finalmente capii a cosa servivano tutti i telini bianchi... Posizionati al lato della bocca di Eluana, servivano ad assorbire la saliva". Hanno dunque una spiegazione anche le piaghe alle orecchie della malata: "Sono dovute al fatto che veniva tenuta sul fianco per evitare che affogasse nella propria saliva, potevano anche dircelo, no?!".

Il giorno dopo le suore lecchesi inviano, attraverso i giornali, questo messaggio: "Accarezzare Eluana, osservare il suo respiro e ascoltare il battito del suo cuore". Hanno sempre avallato le ricostruzioni più demenziali, mentre l'autopsia rivelerà che i "polmoni stavano diventando di pietra e osso" per una rara malattia e che le zone della percezione erano lesionate e quindi non aveva alcuna relazione possibile con il mondo esterno.

Quello che più conta, in queste 250 pagine, non sono tanto le precisazioni nei confronti di una politica che non vuol sentire le cose come stanno, ma è il ripercorrere "dall'interno" una vicenda umana e clinica senza precedenti. Con il ricordo un altro ragazzo sfortunato, Roby Margutti, del tutto sconosciuto ai più. Nel 1990, a ventun anni, per un incidente era diventato tetraplegico. Per diciott'anni aveva vissuto con uno "stimolatore diaframmatico": una dozzina di scosse al minuto gli permettevano di respirare. Dopo altre complicazioni, Roby per un po' resistette alla grande, rifiutò le cure che non curavano. Amato De Monte ne ricorda le parole della madre: ""Vola libero mio tesoro" diceva al figlio morto, mentre lo baciava e piangeva".

Torna perciò in mente l'ultima telefonata di Amato a papà Beppino: "E je lade Bepino, tu le as liberade", "se n'è andata Beppino, l'hai liberata". Mentre, "a tutti noi - si legge - rimaneva il bagaglio indimenticabile" del confronto con Eluana: un bagaglio che ancora non si chiude.

Fonte: Repubblica.it

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