ROMA - Accusò un magistrato di "comportamenti teppistici": per questo Daniele Capezzone è stato condannato definitivamente in Cassazione per diffazione. La Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso di Capezzone per una vicenda che risale al novembre 2002 quando era segretario dei Radicali e, in una dichiarazione stampa, si era rivolto al Carlo La Speranza, pubblico ministero nel processo sull'omicidio della studentessa romana Marta Russo, denunciando "i comportamenti letteralmente teppistici di alcuni magistrati" e facendo riferimento a "testimoni minacciati", formulando un giudizio severamente negativo sulle modalità con le quali il processo era stato condotto sia nella sede naturale che in quella mediatica. Piazza Cavour, pur rilevando che ci sono casi in cui il diritto di critica può anche essere "aspro", ha ritenuto che in questo caso si sia andati oltre.
Secondo la V sezione penale in questo caso Capezzone non ha esercitato un diritto di critica. Infatti, scrivono gli 'ermellini' nella sentenza 5877, nella dichiarazione stampa fatta dall'attuale portavoce del Pdl "non vi è traccia di un ragionamento volto a dimostrare una tesi ma il ricorso al mezzo di diffusione mediatica è servito in concreto a saltare ad una conclusione tranciante quanto immotivata e quindi risultata nè più nè meno pari ad un gratuito insulto capace di vulnerare l'onorabilità del magistrato senza nel contempo offrire al lettore l'informazione e la critica che la carta costituzionale consente".
Inutile, dunque, il ricorso della difesa di Capezzone contro la sentenza della Corte d'Appello di Perugia del novembre 2008 volto a dimostrare che in quelle sue dichiarazioni aveva voluto esprimere "una critica generale alla deriva giustizialista del sistema processuale penale, oltre che del sistema dell'informazione".
L'espressione di Capezzone rivolta al pm infatti, rilevano ancora i supremi giudici, "proprio per la sua essenzialità ha prodotto un effetto immediato ingiustificatamente devastante poichè capace di associare l'attività del pubblico ministero nel noto processo ai comportamenti delinquenziali propri dei teppisti che si sottraggono a qualsiasi controllo sociale". Una equazione che, ad avviso della Cassazione, "nessun elemento di fatto o di critica ha potuto giustificare nella sortita di Capezzone.
Fonte: Repubblica.it
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