Come le formiche impazzite cacciate via dai loro formicai... Non si vedono tutte, le ferite del terremoto. Ci sono le macerie (stanno ancora discutendo dove portarle), ci sono le case e le chiese crollate. Ma ci sono ferite che sono chiuse dentro le poche case antisismiche, negli appartamenti dichiarati agibili, nelle stanze di albergo della montagna e della costa, nelle ultime tende blu. Sono soprattutto nel cuore delle persone. Fabiana, la sorella di Cristina, madre di Maila e moglie di Eugenio, manda una mail che racconta una di queste mille ferite che quasi sempre restano nascoste.
"Ciao, sono Fabiana Milani, quella del "diario di una famiglia dopo il terremoto". Volevo renderti partecipe di ciò che sta succedendo nella mia casa dopo 7 mesi dal terremoto. Sembra assurdo ma in momenti in cui bisognerebbe stringersi un po' per unire le forze, la mia famiglia si sta sgretolando.
Io e mio marito ci stiamo avviando alla separazione legale proprio in questo momento che non ho più il mio negozio che mi dava sicurezza, proprio adesso che avrei avuto bisogno di aiuto e di qualcuno accanto per affrontare questo brutto momento di disagio.
A questo si aggiunge la convivenza con mia suocera, stabilita dalla Protezione civile. Non voglio lamentare la decisione da loro presa, perché avranno avuto i loro motivi, ma voglio rendere noto e pubblico che questo terremoto oltre ad aver distrutto la nostra città piano piano ci sta distruggendo.
Sì, siamo in ginocchio di fronte ad una città distrutta e non riprenderemo mai quella che era la nostra vita, purtroppo.
NON c'è colpevole, non c'è con chi sfogare tutto questo e stiamo qui a cercare di ritornare alla nostra vita come fanno le formiche quando vengono cacciate dai loro formicai.....(impazzite). Grazie per l'ascolto e a presto, Fabiana".
La scossa del 6 aprile ha spaccato i muri e violato l'intimità delle case. Fabiana - è diplomata maestra poi ha sempre lavorato come parrucchiera, fino a quando il terremoto ha distrutto il suo negozio - spiega che la sua vicenda privata è diventata "pubblica" proprio a causa del sisma. "La casa dove abbiamo sempre abitato e dove siamo tornati perché agibile è di proprietà di mio marito, di sua madre e di suo fratello. La Protezione civile ha accertato che mia suocera possiede una parte della "nostra" casa e ha deciso che deve venire ad abitare qui. Me ne dovrò andare, la convivenza sarebbe impossibile. Purtroppo la mia non è una vicenda isolata. Il terremoto - la fuga nelle tende, la fine di ogni intimità, la scomparsa di ogni sicurezza, giornate chiuse nella stanza di un hotel... - ha spaccato tante altre famiglie. Tante mie amiche mi hanno raccontato storie troppo uguali alla mia. Adesso mi sento davvero una formica impazzita. Non ho più il nido e non riesco a trovarne un altro. Sono andata alla Protezione civile, ho chiesto un aiuto. Mi hanno detto che cercheranno di darmi una risposta. La prossima settimana forse riuscirò ad aprire il negozio di parrucchiera. Io sono una persona che riesce a trovare sempre almeno un pezzo di serenità. Ho trovato momenti belli anche quando eravamo tutti - la mia famiglia, quella di Cristina e i miei genitori - nella stessa tenda blu. Ma adesso sento la fatica di questi sette mesi".
Poche ore dopo, un'altra mail. La manda Maria Rita, la mamma di Fabiana e Cristina. "Non so se il dolore mi renderà giustizia, se riuscirò a tirarlo fuori e a concretizzarlo per renderlo com'è: tangibile e incandescente, affinché ci si possa un po' tutti scottare e avere la sensazione di essere vivi. Comunque voglio tentare. Mezzo anno è trascorso da quel fatidico 6 aprile, non un solo giorno di "gioia" ma tanti giorni di mestizia, alternata a speranza che sta diventando sempre più flebile: In questo enorme marasma, c'è chi ha già trovato la consolazione di avere un tetto sopra la testa, magari per una priorità a volte nemmeno ben definita rispetto ad altri. Perché avente bambini a carico? Perché anziano? Perché extracomunitario? Perché già benestante e quindi meno avvezzo alla sofferenza? Perché...
Intanto, nell'attesa continua anche la coabitazione forzata, concausa spesso di smembramenti di famiglie per i motivi più disperati; vuoi per le abitudini a cui noi aquilani abbiamo già abbondantemente rinunciato dopo la dolorosa esperienza di ammassamento avvenuta nelle tende e vuoi anche per mille quotidiani motivi, non ultimo il restringimento in unica stanza tra genitori e figli per far posto a quel parentado che in tempi non sospetti non avrebbe rivendicato ausilio in virtù di presunta comproprietà dell'appartamento, che era appena sufficiente per un piccolo nucleo familiare....
La qualità della vita diventa veramente scadente, al punto tale che sopravvivere così nella profonda incertezza del presente e, con tutta la buona volontà, del futuro, risulta un'ardua impresa poiché vengono a mancare quei principi basilari di civiltà, di dignità di cui "l'uomo" si nutre per sentirsi leggermente superiore al cane e al gatto.
Riconosciamo lo sforzo che pur si sta facendo per ridarci speranza ma un grido forte viene dalla maggioranza dei disagiati: "Fate presto e nel frattempo non trascurate l'aspetto umano in tutte le sue sfaccettature, altrimenti molti di noi potrebbero non farcela. Rita Tichetti".
Fonte: Unita.it
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