Ma Capezzone: la stampa vicino al centrodestra non poteva stare zitta dopo gli attacchi a Berlusconi.
MILANO - Non sono tardate ad arrivare le reazioni del mondo della politica alla notizia delle dimissioni di Dino Boffo dalla direzione di Avvenire.
Non fosse altro perché l'attacco nei suoi confronti era stato sferrato dalle pagine del Giornale, quotidiano del fratello di Silvio Berlusconi, Paolo. Il capo del governo aveva preso le distanze dall'inchiesta giornalistica caldeggiata da Vittorio Feltri. Ma la polemica non era rimasta sotto traccia. E tutt'ora, dopo l'annuncio del forfait di Boffo, prosegue.MILANO - Non sono tardate ad arrivare le reazioni del mondo della politica alla notizia delle dimissioni di Dino Boffo dalla direzione di Avvenire.
Per Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, la scelta di Boffo «merita da parte di tutti umana comprensione» ma «ciò che è politicamente, culturalmente e politicamente inaccettabile è l'attacco sferrato dalla sinistra contro Vittorio Feltri». Capezzone fa un parallelo con il gruppo Repubblica-Espresso, accusato di sferrare «colpi sotto la cintura» al presidente del Consiglio: «Se qualcuno pensava che, con la sinistra lanciata all'assalto con ogni mezzo, la stampa vicina al centrodestra dovesse subire silenziosa e remissiva, ha fatto male i suoi calcoli».
Stefania Craxi si spinge oltre e arriva a scrivere una lettera di solidarietà a Feltri, perché «Dino Boffo ha voluto ergersi a moralizzatore senza averne i titoli» e di conseguenza il Giornale «ha fatto benissimo a smascherare tanta ipocrisia». Il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello si augura invece che «questo atto possa contribuire a svelenire il clima che da tre mesi ha tolto alla politica la sua nobiltà e possa far tornare il confronto tra idee e proposte contrapposte ad essere il sale della politica e dell'informazione».
Dal centrodestra arrivano però anche attestati di solidarietà allo stesso Boffo. Secondo il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, le dimissioni del direttore dell'Avvenire rappresentano «un gesto di grande nobiltà che sottolinea ancora con più forza quanto questo attacco personale, questo killeraggio personale fosse fuori luogo e fuori misura». Secondo Alemanno, a Lourdes per il terzo giorno del suo pellegrinaggio, si tratta di «un bell'esempio che deve far riflettere tutti a cominciare da chi ha promosso questo attacco, sbagliando». Schierati dalla parte di Boffo anche i principali esponenti dell'Udc: «E' un cristiano vero che ha dato una lezione morale, politica e istituzionale a tutti gli italiani - dicono il presidente del partito Rocco Buttiglione e il segretario Lorenzo Cesa -. Non vi era alcuna necessità che si dimettesse, ma ha inteso farlo nel nome degli ideali che ha testimoniato in questi anni di direzione. il giornalismo italiano non potrá fare a meno di un professionista cosi autorevole. Consigliamo a tutti una riflessione serena e profonda: mai come oggi chi gioisce pensando di aver vinto una battaglia capirà presto che ha ottenuto soltanto una vittoria di Pirro».
Non è piaciuto l'epilogo della vicenda a Pancho Pardi, capogruppo dell'Italia dei Valori in Commissione di Vigilanza Rai: «Il direttore di Avvenire Dino Boffo, a cui va la mia solidarietà, si è dimesso. Berlusconi invece continua a restare al suo posto nonostante ricopra una carica di ben maggiore visibilità e i fatti da lui commessi siano avallati da testimonianze, registrazioni e foto». Secondo Pardi «in Italia ci sono ancora persone serie come Boffo, vittima di una serie infinita di falsità confezionate ad arte dal giornale di famiglia di Berlusconi, che se sono coinvolte da uno scandalo si dimettono. La strategia del premier è chiarissima. Colpire nel mucchio e dimostrare, senza prove, che gli scandali a sfondo sessuale sono presenti in ogni schieramento. Insomma, tutti colpevoli, nessun colpevole». Per l'ex ministro Giuseppe Fioroni, del Pd, invece, «i fautori della strategia della rappresaglia, infondata e strumentale, hanno ottenuto il primo scalpo. E' evidente che, quando si imbocca la strada della perdita di ogni senso del limite, nessuno è più in grado di immaginare le conseguenze». Sulla stessa linea Giuseppe Lumia, sempre del Pd, che parla di «campagna contro la libera stampa che il presidente del Consiglio ha deciso di ingaggiare facendosi forte del suo enorme potere politico e del suo altrettanto forte e anomalo potere economico e mediatico». «Mai - sottolinea - nella storia della Repubblica era accaduto»
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