ROMA - Lo scontro tra le alte gerarchie ecclesiastiche e il Giornale arriva ai massimi vertici. L'ultima scintilla viene accesa da una dichiarazione del direttore Vittorio Feltri, questa mattina a Radio anch'io, che riferendosi al documento inviato da un anonimo nei mesi scorsi allla Cei contenente le accuse a sfondo sessuale al direttore di Avvenire Dino Boffo, ha dichiarato:
"E' vero che è girata anche un velina, e non dai servizi segreti, ma della Gendarmeria del Vaticano". La risposta della sala stampa vaticana, con il direttore padre Federico Lombardi, è netta: "'Viene il sospetto che vi sia una intenzione di fomentare confusione diffondendo false accuse. Secondo quanto riportato da agenzie di stampa, il dottor Feltri avrebbe dichiarato che la velina diffusa sul caso Boffo proverrebbe dalla Gendarmeria vaticana - ha affermato il direttore della sala stampa vaticana - Smentisco nel modo più categorico questa infondata affermazione''.
E dall'Avvenire arrivano oggi altre smentite sulla vicenda che coinvolge il direttore, con ricostruzioni che contraddicono totalmente quelle architettate dal Giornale: ''Non può esserci stato patteggiamento da parte di Dino Boffo perché non c'è stato alcun processo a suo carico''. L'articolo è firmato da Danilo Paolini, mentre non interviene il diretto interessato che, dopo avere ricevuto la solidarietà di tutto il mondo cattolico e potendo contare sulla telefonata del Pontefice al cardinal Bagnasco, sceglie oggi il silenzio e rimane in sella al quotidiano dei vescovi.
''Carta canta'', afferma Avvenire, che pubblica due pagine di lettere di solidarietà al suo direttore. "Nelle carte del tribunale di Terni, come spiegato ieri dal Gip Panariello, ''non c'è riferimento a relazioni di tipo sessuale, se non (incidentalmente) a quelle della querelante con il suo compagno. Non ci sono intercettazioni telefoniche. Non c'è una sentenza di condanna, ma soltanto un decreto penale che dispone il pagamento di un'ammenda. Per farla breve, si è trattato di una diatriba giudiziaria minima, come ce ne sono a milioni nei tribunali di tutta Italia".
Per Avvenire, ''Boffo ha soltanto rinunciato a presentare opposizione al provvedimento entro il termine di 15 giorni stabilito dalla legge. Un modo per chiudere rapidamente una vicenda certamente spiacevole, ma in nessun modo un'ammissione di colpevolezza''. Il Gip, infatti, ''ha confermato che il diretto interessato ha sempre contestato qualsiasi addebito nei suoi confronti, dichiarando da subito che le telefonate giudicate moleste dalla querelante non erano state fatte da lui, ma da un'altra persona''.
Il Gip però ha affermato ieri che Boffo ''conosceva'' la donna molestata, come ''confermato'' da testimoni, e che la sua tesi di non essere l'autore delle telefonate ''non è stata approfondita non essendo stata evidentemente ritenuta attendibile da chi indagava''. Quest'ultimo aspetto diviene il cuore degli articoli del "Giornale".
Il quotidiano continua nel suo attacco e il direttore, Vittorio Feltri dice:"Non ho niente per cui scusarmi". E, quindi, il titolo di apertura oggi recita "Il direttore di Avvenire ha mentito". La tesi del quotidiano di proprietà dei Berlusconi è che il giornalista cattolico si sia invaghito del fidanzato di una ventenne (e non più, come scritto nei primi articoli, del marito) e che per questo l'abbia ripetutamente molestata con telefonate. Boffo, in proposito, aveva spiegato di non essere lui l'autore di quelle chiamate, ma un suo collaboratore tossicodipendente, nel frattempo deceduto.
Secondo Avvenire, l'innocenza di Boffo è invece dimostrata anche dal fatto che ''non nominò nemmeno un difensore di fiducia'', ma si lasciò rappresentare da "un avvocato del foro di Terni, nominato d'ufficio dal gip Augusto Fornaci''. Questo fatto testimonierebbe che il direttore ''non aveva percepito la peculiarità del provvedimento accomunandolo alla serie di cause di routine che ogni giornale si trova ad affrontare''.
Avvenire torna anche sul "pezzo forte della campagna messa in atto contro Boffo": quella velina anonima che il "Giornale" definì un'informativa sulle sue presunte frequentazioni ed abitudini sessuali. "Come aveva già precisato lunedì il gip di Terni (e prima di lui, per quanto riguarda gli archivi di sua competenza, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni), non ve ne è traccia'', come ribadito anche ieri dal giudice Panariello: "Il caso, quindi, è stato montato su una velina fabbricata ad arte di cui (per il momento) non si conosce l'autore''.
Tutte le attenzioni sono dunque rivolte alla mano anonima che ha compilato quella nota ed alla talpa che ha fatto arrivare sul tavolo di Feltri il decreto di condanna. "Basta con la caccia ai dossier. Il Governo deve dare precise direttive", afferma infine il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), Francesco Rutelli, in un'intervista al "Mattino". "Verrà accresciuta la vigilanza - ha detto Rutelli - affinché non vi siano deviazioni tra i funzionari dei servizi in un momento in cui si è aperta una pericolosa caccia ai dossier".
Fonte: Repubblica
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"E' vero che è girata anche un velina, e non dai servizi segreti, ma della Gendarmeria del Vaticano". La risposta della sala stampa vaticana, con il direttore padre Federico Lombardi, è netta: "'Viene il sospetto che vi sia una intenzione di fomentare confusione diffondendo false accuse. Secondo quanto riportato da agenzie di stampa, il dottor Feltri avrebbe dichiarato che la velina diffusa sul caso Boffo proverrebbe dalla Gendarmeria vaticana - ha affermato il direttore della sala stampa vaticana - Smentisco nel modo più categorico questa infondata affermazione''.
E dall'Avvenire arrivano oggi altre smentite sulla vicenda che coinvolge il direttore, con ricostruzioni che contraddicono totalmente quelle architettate dal Giornale: ''Non può esserci stato patteggiamento da parte di Dino Boffo perché non c'è stato alcun processo a suo carico''. L'articolo è firmato da Danilo Paolini, mentre non interviene il diretto interessato che, dopo avere ricevuto la solidarietà di tutto il mondo cattolico e potendo contare sulla telefonata del Pontefice al cardinal Bagnasco, sceglie oggi il silenzio e rimane in sella al quotidiano dei vescovi.
''Carta canta'', afferma Avvenire, che pubblica due pagine di lettere di solidarietà al suo direttore. "Nelle carte del tribunale di Terni, come spiegato ieri dal Gip Panariello, ''non c'è riferimento a relazioni di tipo sessuale, se non (incidentalmente) a quelle della querelante con il suo compagno. Non ci sono intercettazioni telefoniche. Non c'è una sentenza di condanna, ma soltanto un decreto penale che dispone il pagamento di un'ammenda. Per farla breve, si è trattato di una diatriba giudiziaria minima, come ce ne sono a milioni nei tribunali di tutta Italia".
Per Avvenire, ''Boffo ha soltanto rinunciato a presentare opposizione al provvedimento entro il termine di 15 giorni stabilito dalla legge. Un modo per chiudere rapidamente una vicenda certamente spiacevole, ma in nessun modo un'ammissione di colpevolezza''. Il Gip, infatti, ''ha confermato che il diretto interessato ha sempre contestato qualsiasi addebito nei suoi confronti, dichiarando da subito che le telefonate giudicate moleste dalla querelante non erano state fatte da lui, ma da un'altra persona''.
Il Gip però ha affermato ieri che Boffo ''conosceva'' la donna molestata, come ''confermato'' da testimoni, e che la sua tesi di non essere l'autore delle telefonate ''non è stata approfondita non essendo stata evidentemente ritenuta attendibile da chi indagava''. Quest'ultimo aspetto diviene il cuore degli articoli del "Giornale".
Il quotidiano continua nel suo attacco e il direttore, Vittorio Feltri dice:"Non ho niente per cui scusarmi". E, quindi, il titolo di apertura oggi recita "Il direttore di Avvenire ha mentito". La tesi del quotidiano di proprietà dei Berlusconi è che il giornalista cattolico si sia invaghito del fidanzato di una ventenne (e non più, come scritto nei primi articoli, del marito) e che per questo l'abbia ripetutamente molestata con telefonate. Boffo, in proposito, aveva spiegato di non essere lui l'autore di quelle chiamate, ma un suo collaboratore tossicodipendente, nel frattempo deceduto.
Secondo Avvenire, l'innocenza di Boffo è invece dimostrata anche dal fatto che ''non nominò nemmeno un difensore di fiducia'', ma si lasciò rappresentare da "un avvocato del foro di Terni, nominato d'ufficio dal gip Augusto Fornaci''. Questo fatto testimonierebbe che il direttore ''non aveva percepito la peculiarità del provvedimento accomunandolo alla serie di cause di routine che ogni giornale si trova ad affrontare''.
Avvenire torna anche sul "pezzo forte della campagna messa in atto contro Boffo": quella velina anonima che il "Giornale" definì un'informativa sulle sue presunte frequentazioni ed abitudini sessuali. "Come aveva già precisato lunedì il gip di Terni (e prima di lui, per quanto riguarda gli archivi di sua competenza, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni), non ve ne è traccia'', come ribadito anche ieri dal giudice Panariello: "Il caso, quindi, è stato montato su una velina fabbricata ad arte di cui (per il momento) non si conosce l'autore''.
Tutte le attenzioni sono dunque rivolte alla mano anonima che ha compilato quella nota ed alla talpa che ha fatto arrivare sul tavolo di Feltri il decreto di condanna. "Basta con la caccia ai dossier. Il Governo deve dare precise direttive", afferma infine il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), Francesco Rutelli, in un'intervista al "Mattino". "Verrà accresciuta la vigilanza - ha detto Rutelli - affinché non vi siano deviazioni tra i funzionari dei servizi in un momento in cui si è aperta una pericolosa caccia ai dossier".
Fonte: Repubblica
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