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Il sostituto di Boffo all'attacco: «Cattiva stampa e video-indecenze»

«Avvenire» non ci sta, e in un editoriale firmato oggi da Marco Tarquinio, che come direttore ad interim ha la responsabilità del quotidiano cattolico dopo le dimissioni del direttore Dino Boffo, rivendica i meriti del giornale premiato dai lettori («sono loro che giudicano della nostra pulizia e
coerenza»), risponde alla «campagna diffamatoria» messa in atto dal Giornale di Feltri, si interroga «sulla sorte della libera stampa in Italia» e soprattutto mette pesantemente sotto accusa il ruolo delle televisioni nella vicenda che ha portato alla rinuncia di Boffo.

«C'è più di un problema nel mondo dell'informazione italiana», esordisce in prima pagina Tarquinio, che prosegue più avanti: «La libertà senza responsabilità non ha senso, e l'esercizio irresponsabile della libertà diventa inesorabilmente una maledizione per ogni comunità civile», per poi passare a stigmatizzare la «inconsistenza di quella maligna campagna diffamatoria costruita - nei titoli e negli articoli del Giornale diretto da Vittorio Feltri - su una lettera anonima travestita da documento del casellario giudiziario». Arrivando a parlare delle televisioni, Tarquinio scrive: «La magna pars dell'informazione televisiva pubblica e privata ha finito per amplificare le loro cannonate in faccia alla verità.

Le falsità e le deformazioni sulla persona di Dino Boffo hanno avuto - per giorni - uno spazio tv irrimediabilmente insultante. Di Avvenire e della sua linea politica è stata fatta anche in tv una interessata caricatura. E questo perché Feltri & Co. sono stati fatti dilagare sul piccolo schermo con le loro tesi e (man mano che la verità veniva a galla) i loro aggiustamenti di tesi. E quando non sono stati loro - gli sbandieratori di una ignobile lettera anonima - a occupare lo schermo, le notizie di chiarimento venute dalla magistratura di Terni sono state ignorate o sminuzzate. Confuse - prosegue Tarquinio - in un polverone di chiacchiere in politichese. Tutt'al più di querimonie su una privacy violata, quando c'era una verità di vita fatta a pezzi. Un'autentica videoindecenza» .

L’editoriale si conclude con un invito a giudicare lanciato ai cattolici italiani. «Che giudichino loro in edicola e col telecomando questa libertà irresponsabile che, ancora una volta, nessun altro, neppure l'Ordine dei giornalisti, appare in grado di giudicare. Giudichino loro - finisce Tarquinio - la stampa della falsità e della cattiveria. Giudichino le videoindecenze».

Fonte: Corriere.it
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