L'altro ieri un giornalista di una rete nazionale mi ha chiamata per telefono per chiedermi, in diretta tv, se mi sentissi responsabile dell'attentato a Belpietro. Poiché ero in treno e c'era rumore ho pensato di non aver capito la domanda, ho proprio detto così: scusi, non ho capito la domanda. Il giornalista l'ha ripetuta identica, aggiungendo che è evidente come Belpietro sia vittima del clima d'odio antiberlusconiano fomentato dai giornali di sinistra tra cui questo, dunque vittima anche mia. Tralascio la risposta, tanto contava solo la domanda.
Secondo questo allucinante schema di ragionamento (?) del tutto incurante dei fatti - cos'è successo davvero in quella rampa di scale?, qual è la dinamica dell'episodio? di cosa stiamo parlando? - e buono solo, piuttosto, a fomentare il clima da indiani e cow boy che fa tanto comodo al despota dovremmo dire oggi che il premier in persona ha additato le prossime vittime di attentati mediatici e non. Lui sì che lo ha fatto, lo fa sempre, con nomi e cognomi. È toccato spesso anche a noi dell'Unità, siamo una delle sue ossessioni. È del resto una scuola. Il "metodo Boffo" applicato a Veronica Lario, a Gianfranco Fini, a Caldoro, al nemico di turno e del momento. Si nomina, si carica, si spara. Anche per mesi, si mitraglia fino a che la vittima non cade.
Ieri il presidente del Consiglio ha chiamato per nome «il famigerato giudice De Pasquale». Ha dato dell'"eversore" a Oscar Luigi Scalfaro, presidente emerito, lasciando intendere a chi ha orecchie per farlo che neppure il Quirinale potrebbe essere esente dal trattamento di cui sopra. Ha attaccato frontalmente, come sempre e più di sempre, l'intera categoria dei magistrati sui quali, in blocco, vuole una commissione d'inchiesta. Di passaggio ha additato ad eventuali associazioni criminali specializzate nel ramo rifiuti Rosa Russo Iervolino come nemico. Ha parlato a ruota libera contro le più alte istituzioni democratiche - la presidenza della Repubblica, appunto, la magistratura - ripetendo di giorno e vestito in giacca quel che dice di notte in camicia all'uscita dei night club. Ha solo risparmiato le bestemmie e le barzellette sugli ebrei e sui negri che - sia detto per inciso - non sono nemmeno il peggio del suo repertorio: il peggio è la sostanza. I rapporti con la mafia per i quali è sotto indagine («passeremo alla storia per averla sconfitta», ha detto ieri. Come il cancro, sconfiggerà anche quello), la corruzione come cifra politica, il ricatto, il disprezzo dell'interesse comune e l'esclusiva cura per il suo. Paolo Romani ministro dello Sviluppo non è forse l'ennesimo tassello del suo personale interesse fatto governo?
Si dirà: sono colpi di coda. Quello di ieri è stato il comizio di un uomo politicamente isolato che attacca per uscire dall'angolo. È l'inizio della campagna elettorale, l'inizio ufficiale: aspettate i depliant nella cassetta delle lettere, questo sì che è un porta a porta, la tv farà il resto. Può darsi che siano colpi di coda. Possono essere pericolosissimi però. Davvero micidiali. Sia detto senza un filo d'odio, che davvero in tutto questo l'odio e l'amore non c'entrano nulla. Sia detto per la cronaca: se c'è un eversore di cui aver paura, in questo paese, non si chiama Scalfaro e nemmeno De Pasquale.
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Grazie, grazie per quello che ha scritto (e che sempre scrive), per il modo in cui lo ha scritto, le parole usate e il tono signorile, anche in un caso come questo (io sarei scoppiata urlando). Grazie per la classe che sempre dimostra, grazie per la lezione di viva intelligenza, di logica, di dignita', di fermezza e (me lo permetta) femminilita'. Lei e' lo specchio entro cui vorrei specchiarmi (non in senso meramente adulatorio, ma psicoanalitico), l'esempio di donna che vorrei mia figlia e tutte le figlie d'Italia imparassero a seguire.